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L’importanza di essere liberi di trovare la propria tana

Visto il momento delicato di scelta che tanti nostri ragazzi di terza media e di quarta e quinta superiore stanno attraversando, oggi mi è venuta voglia di condividere con voi un estratto del saggio sulla scuola di Paola Mastrocola che si intitola “Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare” (2011).  

La Mastrocola, che oltre ad essere professoressa di lettere in un liceo di Torino è anche una delle scrittrici italiane che amo di più, parla in questo testo della libertà di scelta dei ragazzi.  Spero che possa toccare ed inspirare qualcuno tra voi come ha fatto con me.  Buona lettura!

“Inclinazione e libertà”
Paola Mastrocola

“Partiamo da qui: sarebbe bellissimo che ognuno seguisse la propria natura.  Che capisse, per prima cosa, qual è la sua natura, che cosa è nato a fare e dove è bene che metta le sue energie. E poi a quello si dedicasse.  

Se i nostri giovani seguissero la loro natura, sarebbero più felici.  O almeno non così tristi e annoiati e spenti, disamorati verso il presente e rassegnati verso il futuro.  

Ma che cos’è la propria natura?

Vorrei usare la parola inclinazione. Essere inclinati da una parte o da un’altra parte.  Inclinati in senso letterale, prima di tutto: pendere.  Come la torre di Pisa.  Uno pende verso una cosa, e un altro pende verso un’altra cosa.  Pendere significa sentirsi attratti fortemente verso una direzione, un luogo o cosa che sia.  Un bosco, una cucina, un blocco di marmo, un quaderno a righe, una lavagna con i gessetti, un forno a legna, il mare, il calcio, le montagne altissime…A seconda del luogo verso cui ci si sente attratti ovvero inclinati, si sceglierà il proprio mestiere: guardia forestale, cuoco, scultore, scrittore, insegnante, panettiere, marinaio, calciatore, alpinista…

Seguire la propria natura dovrebbe essere la cosa più…naturale.  

Ma non è così, perché è difficile essere consapevoli di sé ed essere certi del luogo verso cui naturalmente si pende.  

Dovremmo poter contare su un aiuto esterno.  I genitori, gli insegnanti, gli amici: l’occhio di chi ci vive accanto può tornarci molto utile.  Anche se poi, d’accordo, alla fine siamo solo noi capaci di vedere chiaramente cosa siamo e che cosa vogliamo.  O anche, montalianamente, “cosa non siamo, cosa non vogliamo”.  

Dovessi dare un consiglio a un giovane per aiutarlo a trovare la propria inclinazione, gli direi più o meno questo: fa’ conto di essere un animale e di doverti trovare un posto dove stare; ecco, la tana dove ti troverai meglio, il buco, l’anfratto, la conca dove la forma del tuo corpo troverà la migliore accoglienza, dove tutto il tuo essere si sentirà perfettamente contenuto e accolto e potrà sentirsi quindi a suo completo agio, quella è la tua inclinazione.  E’ un posto innanzitutto: il luogo dove ti senti completamente bene e dal quale non vorresti più andare via.  Può essere lo studio, se passare la giornata nel silenzio di una stanza, seduto a una scrivania riempiendoti la testa di pensieri, è la “tana” nella quale ti senti meglio accoccolato.  Ma può benissimo non essere lo studio, come puoi ben capire: può essere l’acqua di una piscina, un campo di grano da falciare, l’odore di un’officina meccanica…E io ti sto dicendo questo: studio solo se lo studio è la tua tana.  Se no, vai ancora in cerca e troverai altro.  (…)

Credo che la follia iperegualitarista di volervi ad ogni costo tutti uguali abbia creato questa massa infinita di giovani “forzati” e snaturati che ci sta di fronte.  Liberiamoli!

(…) Se vogliono essere felici, i giovani devo scegliere.  Esporsi a questa difficile ma decisiva operazione che è la scelta. (…) Scegliere! La scelta è per Aristotele alla base della felicità, individuale e sociale.  E’ l’unica idea che difendo, qui: che si debba essere liberi di scegliere.  Liberi di seguire la propria natura.  (…) Ognuno deve diventare quel che è.  Deve disegnarsi, trovare il suo disegno e continuarlo negli anni, un tratto di matita dopo l’altro, sempre più nettamente.  E lo può fare solo attraverso le scelte (prima scolastiche e poi lavorative) giuste.  

E’ un suo dovere trovarsi.  Nulla è più triste di un ragazzo che non si trova, che non compie il ritratto perfetto di sè.  Che, per seguire le parole stanche e confuse degli adulti, intraprende strade sbagliate, sceglie scuole che non vuole fare, libri che non ama leggere, amici che non sono i suoi, luoghi dove non si trova bene, divertimenti che non lo divertono per niente.  

La vita sbagliata è quella che non è la nostra.  E’ come indossare l’abito di un altro: necessariamente non ci starà bene addosso.  O meglio, non ci staremo bene noi, dentro.  

(…) La felicità sociale è la somma delle felicità individuali, dove ogni singolo ha trovato la sua strada, ha assecondato la sua natura e ha sviluppato il suo stile. Ha fatto cioè la sua scuola per diventare il più esattamente possibile quel che voleva diventare, o meglio: quello che sentiva di essere e quindi  quel che voleva diventare”.